23 dicembre 2013

Summicron M 35/2 asph: test confronto con il Summilux M 35/1,4 FLE

La domanda che da sempre ha afflitto chi utilizza i sistemi Leica è stata ed è: "Meglio il Summicron o il Summilux?". Cercheremo di dare una risposta con questo test. Che naturalmente va presa per quello che è, un test sul campo senza pretese di verità assoluta. Intanto un distinguo: bisogna sempre capire a cosa serve l'obiettivo che utilizziamo, a che tipo di fotografia è destinato. Se il nostro campo di azione è prevalentemente il reportage a luce ambiente, allora il diaframma in più è sempre necessario, perchè una volta raggiunto il limite degli iso della nostra macchina fotografica, rimane solo l'apertura di diaframma. Nessuna Leica è stabilizzata, al contrario della maggior parte delle macchine digitali/obiettivi moderni, ma occorre ricordare che la stabilizzazione agisce solo su chi scatta la fotografia, non sul soggetto fotografato: se questo si muove, solo un tempo di otturazione adeguato ne permette una resa fotografica nitida, e quindi occorre, se la luce è poca, utilizzare il diaframma più aperto possibile.

Fatto questo inciso, ripercorriamo un attimo le tappe storiche di questo obiettivo.
Prodotto per la prima volta nel 1958 con uno schema a 8 lenti, poi cambiato per ragioni prettamente economiche in uno schema 6 lenti, nel 1979, mutuando lo schema dal  Summilux 35/1,4, viene
proposto in una versione 7 lenti, che sarà definito dagli americani "King of Bokeh" , fino alla versione attuale presentata nel 1997, con una lente asferica e le lenti anteriori e posteriori concave come il mitico 35/1,4 Aspherical, ed il gruppo posteriore molto pìù "massiccio" di quello anteriore, caratteristica questa costante anche nei futuri obiettivi della casa madre nel range di focale 35-50 (Vedi l'ultimo 50 APO Summicron).
La lente asferica non è molata, ma prodotta utilizzando un sistema a pressa su del vetro fuso; questo metodo permette di ottenere lenti asferiche con un costo contenuto di produzione rispetto alle lenti in vetro molato, con un solo limite nel diametro delle stesse (tecnologia del 1993).
L'utilizzo di lenti asferiche è sempre stato un vanto di Leica (ricordiamo il Noctilux del 1966), ed oggi sono diffuse in moltissimi obiettivi di pregio di molte marche. Leica, come sempre, nel campo ottico è stato un precursore, ed i suoi obiettivi molto spesso erano avanti di circa dieci anni sulla concorrenza. Oggi essere in netto vantaggio è più difficile, in quanto tecnologie  di fabbricazione e mescole di vetri sono a disposizioni di tutti. Rimane una considerazione commerciale: solo Leica ha il nome e la fama  (insieme a Zeiss) per poter proporre sul mercato obiettivi a costo doppio o triplo rispetto alle altre
Foto Leica Press Relase
case produttrici, con prestazioni di targa simili, anche se ancora oggi un obiettivo Leica o Zeiss hanno quel "non so che" in più che li distingue dalla concorrenza. Bisogna tuttavia notare che in post produzione certi risultati qualitativi possono essere modificati o livellati in modo da rendere indistinguibile la resa di un obiettivo rispetto ad un altro. Tornando al 35 mm Summicron Asph questo è stato prodotto in diverse finiture, dalla classica anodizzata nera alla finitura cromata, una finitura laccata nera molto ricercata ed anche in tianio per la leica M6 TTL. Da rilevare l'aumento di peso rispetto alla versione precedente, particolarmente dovuto alla montatura che risulta molto più massiccia.

Passando dagli aspetti estetici a quelli pratici possiamo denotare che  i risultati sono estremamente performanti già da tutta apertura. Soprattutto al centro la qualità è estemamente buona, riducendosi in maniera graduale mentre scivoliamo verso gli angoli, che sono qualitativamente in ritardo. La vignettatura è molto contenuta.


Chiudendo un diaframma,  a f 2,8 abbiamo un naturale innalzamento della qualità, soptrattutto nella bolla centrale, mentre il campo medio esterno rimane afflitto da astigmatismo, per poi riscendere verso i bordi; il contrasto è ottimo  su tutto il campo. La vignettatura diventa impercettibile.


Al diaframma di lavoro f 5,6 la qualità si estende su tutto il campo inquadrato, rimanendo leggermente incerta negli angoli. Tutto questo comunque non è visibile su stampe fotografiche.


Andando a vedere la zona centrale ai vari diaframmi possiamo osservare come la qualità sia costantemente buona con tutti i diaframmi, non rendendo necessario diaframmare per ottenere una ottima immagine, pur essendo a TA l'immagine lievissimamente flou, ma solo se confrontata con le quelle prodotte ai diaframmi successivi.


Nel campo medio centrale si osserva ancora il buon andamento della qualità, che raggiunge il suo apice a f 4, vero diaframma di lavoro. A f 2 l'immagine è perfettamente utilizzabile, anche se leggermente meno ricca di dettagli.


 La zona mediana esterna ricalca la zona mediana esterna, con tutte le considerazioni relative. Per una nitidezza ottimale dobbiamo arrivare al diaframma 4.


Per ultimi gli angoli, soprattutto nella parte estrema dove la qualità pareggia il centro a diaframmi medio chiusi f 5,6, 8 e 11, diaframmi da utilizzare nel caso in cui l'obiettivo è utilizzato per una riproduzione di paesaggio.


In definitiva il Summicron ASPH è un ottimo obiettivo all-round, leggero e dalle prestazioni estremamente convincenti, che tuttavia richiede di essere diaframmato per un pareggio tra le zone centrali e quelle periferiche.
Ma la domanda iniziale, è meglio un Summicron o Summilux? Cerchiamo di dare una risposta. Nelle immagini che seguono è stata fatta una comparazione sul campo tra i risultati dei due obiettivi. Naturalmente il test si riferisce esclusivamente agli obiettivi utilizzati, in quanto eventuali incostanze di produzione potrebbero falsare il risultato. Da ricordare inoltre che noi andiamo ad osservare un'immagine che è un crop 100% dell'immagine prodotta da una Leica  M9. Un sensore più performante teoricamente dovrebbe aumentare il divario di resa. Ma è anche pur vero che su di una stampa fotografica, sia 30 x 45 che è all'incirca il formato nativo di un sensore da 18 Mp, e fino a un 40 x 60, non riscontreremo nessuna differenza tra gli obiettivi. Sono stati comparati i diaframmi comuni, ovvero f 2, f 2,8 e f 5,6, gli stessi che vengono utilizzati da Leica nell'esposizione dei propri test mtf presenti su tutte le schede tecniche degli obiettivi.
Naturalmente la lotta è impari, in quanto se per il Summicron l'apertura a f 2 è Tutta Apertura, il Summilux a f 2 inizia a migliorare le proprie prestazioni, in quanto vengono eliminati i raggi laterali che sono quelli più influenzati dalle aberrazioni ottiche. Non solo: abbiamo ancora una volta di mezzo circa 15 anni di sviluppo ottico.

Andiamo a visionare le fotografie, nella zona centrale, mediana centrale, mediana esterna e bordi.
Il confronto lascia indubbiamente trasparire una supremazia del Summilux FLE rispetto al Summicron ASPH. E' interessante notare come i risultati apparivano estremamente buoni se rapportati alle prove precedenti relative ai 35 mm (8 lenti e 35 lux pre-asph), mentre  un confronto diretto fa emergere prepotentemente la qualità del 35 FLE. (A onor del vero questo ultimo ha fatto un viaggio in Germania per essere calibrato, per cui potrebbe risultare perfettamente a punto!).

Prima di pensare di correre a permutare il nostro Summicron, proviamo a ricordiamo  se nelle nostre fotografie abbiamo notato delle pecche; l'immagine reale è sempre diversa dalle immagini dei test, che sono impietosi e sono dei crop 100% che corrispondono a stampe di misura superiore al metro: quando l'abbiamo mai fatte? Quando mai siamo andate ad osservarle da 20 cm.? La vita reale è sempre diversa dai test.
Teniamo sempre presente (al di là di quello che dice la pubblicità)  che il momento di cambiare attrezzatura arriva quando ci si accorge che con quella che abbiamo non si riesce a raggiungere un risultato prefissato, ma dobbiamo proprio impegnarci per raggiungere un limite tecnico di un obiettivo Leica!

Un'ultima curiosità. Sinceramente sono rimasto un pò perplesso per la differenza di resa tra il summicron e il summilux soprattutto a f 2. E mi sono ricordato delle grandi possibilità che il software ci offre. Da quando era in bundle con la M8 ho imparato ad usare Capture One, che ha diverse possibilità sull'ottimizzazione della niditezza delle immagini. Allora ho affiancato due zone di immagini, poi a quella del summicron ho applicato 19 punti di struttura e.... miracolo. La sensazione di nitidezza delle due immagini si è pressochè uguagliata. E' vero che in senso assoluto un'obiettivo è meglio dell'altro, ma oggi abbiamo veramente grandi possibilità da sfruttare, ricordandosi sempre di non eccedere.


Le immagini che produce il Summicron sono comunque di prima categoria, a livello qualitativo. Vediamo alcuni esempi, scattati a aperture oscillanti da f 2 a f 5,6.


 




16 dicembre 2013

Leica Elmar 90/4 tre lenti: semplicità e qualità (anni 60)


La focale 90 mm è considerata quasi un limite per la precisione del telemetro, tuttavia sin dal 1931 è stata un'ottica  subito  presente nel catalogo Leica, prima quello a vite e poi sia a baionetta che reflex; anzi, molto spesso i sistemi M e R si sono scambiati gli schemi ottici in questa lunghezza focale. 
Il primo 90 millimetri con luminosità f. 4, denominato Elmar, risale al 1931, il cui schema ottico rimase invariato per molti anni, pur cambiando la struttura del barilotto. Nel 1946, finita la guerra, l'obiettivo ricevette il trattamento antiriflesso, che fino a quel momento era ritenuto segreto militare. 
Uno straordinario Elmar telescopico venne costruito dal 1954 al 1968, al fine di rendere compatta questa focale. E' interessante pensare come Leitz, che della precisione ha sempre fatto un vanto, sia riuscita a rispettare le strette tolleranze meccaniche richieste dai propri standard, pur rendendo mobile la struttura meccanicha di un obiettivo. L'Elmar venne prima affiancato e poi sostituito dall'Elmarit, più aperto di 1 diaframma. Successivamente l'apertura focale f 4 venne ripresa per corredare la Leica CL di un tele compatto, l'Elmar-C che venne prodotto dal 1973 al 1977. Ultimamente nel 2004 un Elmar 90/4 macro a struttura rientrante  è stato nuovamente introdotto nel sistema M, per aprire un campo fino ad ora precluso; tuttavia con l'introduzione della M con live view appare leggermente anacronistico, visto che si possono montare l'ottimo 60/2,8 elmarit R e il favoloso 100/2,8 apo, anche se con ingombri diversi.
L'ultima versione, che poi è quella che ci occuperemo in questo post, venne ridisegnata nello schema ottico nel 1964 e commercializzato fino al 1968 (van Hasbroeck), anche se i numeri di serie datano l'ottica negli anni 1962 -1965 (Puts).
Grazie a nuove tipologie di vetro disponibile, lo schema ottico venne ridotto da quattro a tre lenti. Questo permise sia un contenimento dei costi, che una migliore resa nel contrasto e resistenza al flare (in controluce pieno non vi sono riflessi parassiti, metre la luce soffusa angolata crea una vistosa perdita di contrasto).
L'obiettivo inoltre è estemamente buono anche a distanza ravvicinata. Qui acanto abbiamo una fotografia di bambola ripresa a tutta apertura, mente qui sono un crop 100% della parte medio/dell'immagine.
Forse non è comunque un dato che ci deve sorprendere, in quanto essendo un obiettivo con la messa a fuoco limitata ad un metro e con luminosità limitata ha reso più facile il calcolo ottico, con meno aberrazioni da correggere, soprattutto nel campo ravvicinato, ove obiettivi moderni richiedono lenti flottanti per migliorare le prestazioni. Ricordiamoci sempre che si tratta di uno schema ottico di ben 50 anni fa, anche se progettato dal grande Walter Mandler.

Nel particolare possiamo andare ad osservare la finezza di resa nel tessuto della bambola, finezza accentuata anche dal macrocontrasto di cui l'obiettivo è molto dotato, come tutti gli schemi elmar.
Prodotto in 5000-6000 esemplari in un periodo di 4 anni, con 500 circa in montatura a vite (al momento della sua introduzione siamo alla fine del periodo della leica a vite, con l'ultimo modello IIIG), è abbastanza ricercato, e fino a pochi anni fa era molto quotato sul mercato. Oggi si riesce a trovare anche a prezzi ragionevoli, per un obiettivo di oltre 50 anni. E interessante notare come un obiettivo nato per proporre alla clientela un oggetto dal costo più ridotto, sia in acquisto sia in produzione, alla fine sia diventato un oggetto da collezione molto ambito.
Molto leggero (300 gr), ha una doppia scala dei diaframmi, incise simmetricamente opposte, in quanto questa ruota con la messa a fuoco; la sua struttura può pertanto creare dei problemi di messa a fuoco, in quanto cambiare il diaframma dopo aver fuocheggiato fa rischiare la perdita del punto di fuoco; è pertanto consigliabile prima impostare il diaframma e poi fuocheggiare.
Splendidamente costruito, snello, ha la testa svitabile e montabile sul Visoflex.
Pur essendo una lente particolare non si trova molta documentazione a riguardo, anche per l'esiguo tempo di presenza sul mercato.
Nell'immagine che segue possiamo vedere quella che era l'offerta Leitz per la M2, con obiettivi che spaziavano dal 28 al 90, con luminosità da 1,4 a 4 proprio dell'Elmar.
La resa non ha nulla da invidiare alle lenti attuali. Già a tutta apertura la resa è molto buona, e migliora a f.5,6 e f.8, mentre, almeno con il sensore digitale, a f.11 la diffrazione inizia a farsi sentire erodendo il microcontrasto. Il macrocontrasto è sempre brillante, anche in relazione alle poche superfici aria vetro che compongono l'obiettivo. Solo negli angoli si nota, al 100% di ingrandimento, un calo di qualità, ma non su immagini stampate 30x45.
Il 90 mm è sempre stato considerato l'obiettivo deputato al ritratto, in quanto il rapporto di riproduzione del volto  in relazione alla lunghezza focale rende la resa dello stesso molto naturale. Tuttavia l'Elmar, per il suo intriseco schema ottico, rimane abbastanza secco nella resa, quando nel ritratto è richiesta molto spesso una resa morbida. E' comunque un piacere montare questa vecchia ottica su una moderna leica M!
I grafici MTF a tutta apertura mostrano un contrasto elevato, con un microcontrasto medio alto su quasi tutto il fotogramma, anche se si evidenzia uno scivolamento verso i bordi. (Grafici MTF: E.Puts)

A  f. 5,6 il microcontrasto si innalza su tutto il fotogramma, e sparisce anche la lieve vignettatura ai bordi. E' un'obiettivo che ovunque si piazzi il soggetto questo non viene penalizzato dalla resa, soprattutto ai diaframmi intermedi.
Al centro la qualità è buona anche a f 4 ma chiudendo il diaframma si ha un innalzamento dei dettagli fino a  circa f 11, dove la diffrazione inizia a farsi a sentire, pur chiudendo l'obiettivo fino a f 32.

Nella zona medio centrale possiamo verificare un comportamento simile al centro con la qualità migliore espressa a f 8 f 11

Nella zona mediana esterna si ripete la condizione della zona più interna.

Negli angoli il microdettaglio tarda a salire, e sono a f 11 la qualità è parificata al centro, dove tuttavia la diffrazione inizia ad erodere i particolari. Naturalmente questo comportamento lo possiamo denotare esclusivamente su un soggetto piano, mentre nei soggetti reali, in cui gli angoli estemi molto spesso sono occupati dal cielo nel paesaggio, o nello sfuocato nel ritratto, il problema non sussiste.


La luminosità spesso è stata confusa con la qualità. In realtà più gli obiettivi sono luminosi e più gli schemi ottici devono essere complessi per un innalzamento della qualità, spesso non proporzionale al prezzo richiesto per l'oggetto. Schemi ottici semplici, in cui non devono essere utilizzate grandi lenti e grandi curvature, è molto più semplice ottenere una qualità elevata. 
Tutto questo discorso per introdurre un confronto apparentemente impari: 40 anni di distanza separano il 90 Elmar f. 4 III lenti con il 90 APO-Summcron M. Diciamolo subito: l'APO Summicron è superiore, ma il test è lo stesso interessante nei risultati.
Il soggetto un cipresso ricco di dettagli. Distanza intorno a 10 metri. Diaframma 8. Il confronto è sorprendente: al centro gli obiettivi sono sostanzialmente indentici (abbiamo una migliore cristallinità dell'APO) mente ai bordi, soprattutto agli angoli estremi, i 40 anni di progettazione si fanno sentire, ma non in maniera così evidente: in effetti state osservando un crop 100% del video, ovvero un ingrandimento di circa un metro per un metro e mezzo. 

Un obiettivo progettato 50 anni fa, ma ancora oggi straordinariamente utilizzabile in maniera oltremodo soddisfacente, almeno con sensori fino a 18 mp. Prove con sensori più affollati (24/36 mp) andranno fatte, sicuramente con un incremento del gap tra obiettivi anziani e moderni, ma comunque non bisogna scordare che 18 mp sono sufficienti a stampare un 30x45 a 300 dpi, con una qualità eccellente.

Vediamo ora qualche foto sul campo del nostro Elmar 90/4 tre lenti. Un grazie a Matteo per avermi dato l'opportunità di testare l'obiettivo.










6 dicembre 2013

Summilux 75/1,4: la leggenda di Leica fatta ottica.

Il  Summilux 75/1,4 fa parte di quegli obiettivi che hanno fatto la fama di Leica: controverso nella lunghezza focale (un pò più lungo del 50, un pò più corto del 90), dualistico nella resa (morbido a TA, tagliente ai diaframmi più chiusi) chi l'ha provato  lo ha o odiato o amato. Se compreso, è un obiettivo che non si lascia pìù. 
Con l'avvento del digitale si è guadagnato una fama di obiettivo difficile, in quanto, per qualche strano motivo, molti esemplari si sono rivelati inesatti nella messa a fuoco, con una imprecisione nella struttura della camma; problema risolvibile con una taratura della stessa presso la casa madre. Proprio per questa difficoltà si sussura che sia stato messo fuori produzione poco dopo l'avvento della M8. L'ultima presenza in listino risale al gennaio 2007 con un prezzo di 3.295 Euro.
Effettivamente l'inesattezza della messa a fuoco è estremamente frustante; tuttavia oggi, grazie al nuovo modello M con la visione live view, anche i possessori di questo obiettivo che riscontrassero delle incertezze nella messa a fuoco potranno lo stesso usufruirne in maniera entusiasmante, assaporando la progressività dello sfuocato e la tridimensionalità della resa.
L'obiettivo fu presentato nel 1980, una prima versione con lo stesso paraluce  staccabile del noctilux 50/1 (codice 11814 di listino) di cui ne furono prodotti circa 3000 esemplari. Poi nel 1982 venne introdotta una nuova variante, medesimo schema ottico, con paraluce incorporato (codice 11815) che aumentò il peso da 490 a  600 grammi, ridotto poi a 560 nell'ultima versione codice 11810. Di questa ultima versione vi sono i Summilux "made in Germany", mentre la maggior parte della produzione è "made in Canada".
Sia la prima versione che la seconda versione sono modificabili con la baionetta 6 bit code. Il 75 Summilux ha la fama di essere considerato l'obiettivo preferito di Walter Mandler, il suo disegnatore, che lo considerò il giusto compromesso tra prestazioni e dimensioni, traendo il disegno dal Summilux 50/1,4 II tipo, un altro degli obiettivi "must" di Leica, allora Leitz. Lo schema ottico non è mai stato cambiato, ma solamente la struttura esterna.
Al momento dell'uscita venne prodotta la M4-p, alla quale insieme alle cornicette del 50 mm vennero affiancate quelle del 75 mm. Era possibile comunque aggiornare le cornicette sui precedenti modelli rimandandole in fabbrica. Negli ultimi anni, con la Leica alla Carte, era nuovamente possibile scegliere le cornicette che si voleva che apparissero nel mirino. Tuttavia le cornicette del 75 sono sempre state un pò difficoltose, in quanto accennate rispetto a quelle del 50 mm. Questa è un'ulteriore difficoltà nell'utilizzo del 75 mm, in quanto l'inquadratura ripresa è più larga di quella vista nel mirino, oppure vengono tagliati ai bordi dei particolari avendo dei tratti vuoti. 
Andando ad esaminare i grafici mtf dell'obiettivo possiamo rilevare una resa costante su tutto il campo inquadrato, anche a tutta apertura, senza rilevare quella classica discesa ai bordi vista sugli obiettivi grandangolari fino ad adesso esaminati. L'obiettivo a TA rileva un contrasto sufficiente, con una resa dei dettagli morbida ma ben visibile. Questa caratteristica la possiamo rilevare soprattutto nel tipo di fotografia a cui l'obiettivo è destinato, foto di ritratto e in luce scarsa. In un certo senso il test del "muro di pietra" non è particolarmente esaustivo per il campo di impiego dell'obiettivo stesso. E' comunque curioso notare come, al di là dei grafici MTF, la resa "sul campo" di certi obiettivi lascia a bocca aperta, pur essendo stati progettati decenni fa. La prima foto, scattata a TA, evidenzia la vignettatura dell'obiettivo, pur essendo in atto la correzione 6bit impostata sulla macchina.

A diaframma 2,8 le cose migliorano notevolmente, sia nel contrasto che nel microcontrasto, quest'ultimo particolarmente fino alla zona mediana dell'immagine, mentre i bordi rimangono ancora un attimo indietro.
A diaframma 5,6 l'immagine migliora notevolmente, ed ai bordi raggiunge il centro tranne un residuo di astigmatismo. Nella  pratica comunque siamo ai livelli del nuovo 75/2 apo-summicron, con una resa molto incisa e dettagliata, utilizzabile tranquillamente anche nella fotografia di paesaggio.
Vediamo adesso i consueti crop 100% delle varie zone dell'immagini, partendo dal diaframma f 1,4 (in alto colore rosso) per poi proseguire nei diaframmi successivi fino a f 11.
Dall'immagine possiamo notare come al centro la morbidezza scompaia verso f. 2,8 (quadrato giallo) lasciando posto ad una notevole limpidezza di immagine. Esaminiamo quindi la zona mediana-centrale:
La zona mediana esterna:
Ed infine gli angoli, dove come anticipato, non si denota quel forte decadimento qualitativo evidenziato dagli obiettivi 35 mm fino ad oggi testati. A tutta apertura la morbidezza è diffusa su tutto il fotogramma, come pure l'abbinata sensazione di nitidezza, che permette di piazzare il soggetto dove vogliamo senza particolare riguardo alla resa.
 A tutta apertura su un soggetto statico, messa a fuoco sulla porta centrale.

In aggiunta ho fatto anche alcune foto a distanza ravvicinata  Prima un test su di un soggetto tridimensionale, una statuetta.
Stesso test ma su una superficie piana, quale una vecchia porta, distanza di ripresa 1,2 metri circa; i diaframmi usati sono f 1,4 - 2 - 2,8 e 5,6:
Agli angoli:
Dopo tante fotografie test vediamo anche qualche foto reale, nel campo di utilizzo di elezione di questo obiettivo, distanza ravvicinata e ritratto. Per prima una foto di una statua in un cimitero, una delle prime realizzate da me con questo obiettivo, che mi lasciò estremamente sorpreso dalla tridimensionalità resa:

Luigi Loretoni - fotografo
Roberto Evangelisti - Insegnante di fotografia
Per finire alcuni ritratti fatti con la Leica Monochrome:

Leica Monochrome 10.000 ISO: Massimo Agus
Alessandro Voglino, HF distribuzione
Alberto Giuliani, story-teller