25 settembre 2011

VIETATO! I limiti che cambiano la fotografia

Le restrizioni sulla privacy saranno un devastante tsunami per chi è avvezzo a rapinare volti anonimi.
Si salveranno solo i reporters di guerra:
con piacere i superstiti affidano alla storia il loro volto eroico, gli altri si trovano nell'impossibilità di avanzare postume richieste.
Piergiorgio Branzi


Quando le generazioni future andranno a cercare immagini del modo di vivere di questo periodo storico non ne troveranno. E' il più grave danno che la psicosi della privacy sta arrecando al modo di fotografare dei nostri giorni, inducendo nella massa un modo di pensare completamente fuorviante.

La mostra fotografica "Vietato! - I limiti che cambiano la fotografia", a cui hanno aderito i più bei nomi della fotografia italiana, vuole essere una dichiarazione di coscienza su quello che sta accadendo e che causa danni irreversibili alla documentazione iconografica dei nostri tempi.

La mostra nata da un'idea di Gabriele Caproni,  prodotta dal Circolo Fotocine Garfagnana, è curata da Giovanna Calvenzi, Renata Ferri e Gabriele Caproni.
Partecipano con una loro immagine i fotografi: Alessandro Albert, Marco Anelli, Isabella Balena, Gabriele Basilico, Letizia Battaglia, Gianni Berengo Gardin, Massimo Berruti, Michele Borzoni, Piergiorgio Branzi, Luca Campigotto, Alessandra Capodacqua, Lorenzo Castore, Enzo Cei, Gianni Cipriano, Francesco Cito, Ignacio Coccia, Cesare Colombo, Edoardo Delille, Chico De Luigi, Stefano De Luigi, Federica Di Giovanni, Giulio Di Sturco, Simone Donati, Carlo Furgeri, Gabriele Galimberti, Simona Ghizzoni, Alberto Giuliani, Elena Givone, Alessandro Imbriaco, Francesca Leonardi, Uliano Lucas, Sirio Magnabosco, Alex Majoli, Emiliano Mancuso, Martino Marangoni, Giovanni Marrozzini, Pietro Masturzo, Davide Monteleone, Antonella Monzoni, Cristina Omenetto, Pietro Paolini, Mario Peliti, Simone Perolari, Marta Primavera, Francesco Radino, Rocco Rorandelli, Giulio Sarchiola, Annette Schreyer, Shobha, Massimo Siragusa, Toni Thorimbert, Giovanni Umicini, Riccardo Venturi, Paolo Verzone, Francesco Zizola.

Scrive Giovanna Calvenzi:
"Ci siamo quasi abituati.
Guardiamo le fotografie sulle pagine dei periodici italiani e non ci stupiamo di vedere volti pixelati (ci siamo abituati anche a questo brutto neologismo) o striscette nere (pecette?) che coprono occhi o visi.
Cerchiamo di fotografare per la strada, situazioni di vita che la storia della fotografia ha reso parte integrante della nostra cultura visiva, e ci accorgiamo che ci poniamo dei limiti. Che preferiamo che le persone siamo di spalle, che l’idea di chiedere una liberatoria o un’autorizzazione rallenta il ritmo del nostro lavoro, distrae la concentrazione. Evitiamo scientemente i bambini, abbiamo nella testa la confusa percezione che esiste una Carta di Treviso che li protegge e nell’incertezza soprassediamo.
E la relazione che abbiamo con la fotografia e con le sue possibilità di narrazione cambia. Nonostante l’opera di informazione che alcune benemerite associazioni professionali cercano di fare, sulla legge che regola il rispetto della privacy dei cittadini italiani c’è grande confusione. Si può fotografare per la strada ma le foto non si possono pubblicare. Quando un luogo pubblico è abbastanza pubblico da permetterci di lavorare? Se non possiamo pubblicare possiamo almeno stampare ed esporre in mostra le nostre foto? La gloriosa street photography è davvero destinata a scomparire? Dobbiamo avere sempre con noi un model release da far firmare a tutti quelli che entrano nelle nostre immagini?
La legge sulla privacy ha fatto comunque il suo corso e nella percezione delle proprie possibilità operative sul territorio nazionale i fotografi italiani si sentono quotidianamente condizionati da un riflesso pavloviano che porta all’impedimento. Provini e Memory Card pullulano di immagini che non sappiamo se possiamo usare.
Il recente millennio avrà, almeno in Italia e in pochi altri strutturati Paesi, scarsa documentazione sulla società oggi contemporanea e sui suoi comportamenti. Là dove la fotografia è registrazione e memoria, ci saranno dei vuoti di memoria. Il nostro presente rischia di non diventare immagine per il futuro. Le più raffinate abilità nel raccontare l’evoluzione della società italiana, i comportamenti, le mode, resteranno forse inespresse.
La provocazione proposta con la mostra “Vietato!” suggerisce anche esercizi di percezione di grande interesse. L’oscuramento di alcuni volti dei protagonisti delle immagini proposte altera la lettura delle immagini, suggerisce colpevolezze, aggiunge interpretazioni morbose alla serenità delle situazioni, scompagina gli equilibri fra le persone ritratte nella fotografia.
I limiti che la legge sulla privacy impone stanno cambiando la fotografia o forse, meglio, inducono i fotografi a sentirsi meno liberi. A volte è vero, a volte è necessario, spesso ce lo siamo inventati noi.  Se la legge non ammette ignoranza, la fotografia fa lo stesso. La nostra ribellione a quella che spesso viene vissuta come coercizione alle nostre possibilità espressive può passare solo attraverso la conoscenza. Per sentirci di nuovo liberi. Per conservare memoria di quello che siamo, che siamo stati, che saremo."

La  mostra è stata presentata a Castelnuovo di Garfagnana dal 29 luglio al 7 agosto durante la Settimana della Fotografia organizzata dal Circolo Fotocine Garfagnana.  Alla serata dibattito ha partecipato Giovanna Calvenzi, Renata Ferri, Fulvio Merlak, Alberto Giuliani, Gabriele Caproni. Sono intervenuti con testo scritto Michele Smargiassi e Massimo Stefanutti. Presente al dibattito Gianni Berengo Gardin.

La successiva tappa  tappa è presso  la Fondazione Studio Marangoni a Firenze in via San Zanobi  32r e sarà inaugurata il 21 ottobre alle 19,00, mentre il giorno 22 si terrà la tavola rotonda alle  ore 17  presso  CIS Firenze Meeting, Via Fiume 7, Firenze (Stazione SMN) con Giovanna Calvenzi (Photoeditor), Gabriele Caproni (Circolo Fotocine Garfagnana), Renata Ferri (Photoeditor), Martino Marangoni (Fondazione Studio Marangoni), Pietro Paolini (Terraproject), Claudio Pastrone (FIAF), Michele Smargiassi (La Repubblica), Massimo Stefanutti (avvocato) dal  21 ottobre fino al  17 dicembre.


La mostra è stata esposta a Milano presso la Galleria Bel Vedere dal 15 marzo al 14 maggio. Il 31 marzo, presso il Circolo della Stampa, la consueta conferenza, organizzata in collaborazione con l'Ordine dei Giornalisti della Lombardia, a cui ha partecipato Umberto Brindani (direttore di Oggi), Cesare Colombo, Mariateresa Cerretelli (presidente del Grin), Avv. Massimo Stefanutti, Michele Smargiassi e Letizia Gonzales. Il testo dell'interevento di Michele Smargiassi è pubblicato qui.

Attualmente la mostra è esposta a Torino presso la Galleria Fiaf dal 20 aprile all'11 di Maggio. L'11 di maggio, presso il Circolo della Stampa di Torino, sarà tenuta, alle 14, in collaborazione con l'Ordine dei Giornalisti del Piemonte, l'Università di Torino e la FIAF, una conferenza tenuta dall'Avv. Salvo Dell'Arte, su quanto suggerito dalla mostra. Interverrà Giovanna Calvenzi, Renata Ferri, Michele Smargiassi.
 

1 commento:

  1. C'è molta disinformazione sulla privacy "fotografica": se pubblico una immagine scattata per diletto cosa mi potrà succedere? Sarò immediatamente deferito all'autorità giudiziaria o verrò dapprima invitato a togliere questa foto dal contesto? Solo allora deciderò cosa fare, e a questo punto molte saranno le strade aperte: accettare e eliminare la foto, non toglierla e oppormi con tutte le mie forze, oppure ancora dividere il guadagno con chi mi contesta (se e qualora guadagno ci fosse)?
    Molti di noi rinunciano alla privacy sottoscrivendo i moduli che fanno parte di molti contratti, senza neppure leggerli, e a volte il contratto non viene perfezionato se non si accettano le condizioni stampate piccole piccole.
    Io nel mio modesto fotografare cerco di evitare immagini che possano ledere i principi di dignità delle persone, non mi nascondo, uso delle attrezzature che mi portano vicino alla persona o dentro alla situazione da fotografare, e di fronte a un evidente rifiuto, mi ritiro in buon ordine e soprassiedo, ma sono stati veramente pochi questi rifiuti. Una sola volta mi è stato chiesto cosa avrei fatto dello scatto e alla spiegazione che avrei potuto anche esporla in una mostra, ho dovuto dare l'indirizzo della galleria in cui sarebbe stata esposta. Non ho più avuto notizie dalla persona ritratta.
    Ciao

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